Semplicemente
fa-vo-lo-so! Una serata veramente unica con condizioni meteo strepitose per un
Jama-Bottazzo-Jama indimenticabile. L’appuntamento con Fabio mio fratello è per
le 16.50 a Jama e già in automobile mentre mi avvicino, dalla metà in su il
costone del Monte Carso, dalla cima a San Servolo mi appare completamente
bianco, segno che la neve è scesa ripetutamente e si è fermata sulla natura di
questo luogo. Andiamo su per la Linea Verticale, quella che passa per la
Vedetta di Crogole, segue il sentiero 1 e lo abbandona per il bianco-azzurro
fino a uscire sulla Sella del Parapendio e poi al Ricovero. Il percorso è uno
spettacolo forse perché mai mi è capitato di vedere gli alberi che guardano il
mare così carichi di neve e per terra quasi 20 cm di neve compatta.
Le luci
colorate della città si fanno vedere in di traverso dei rami luccicanti e non
occorre la zipka perché il candore
del manto fatato è sufficiente a illuminare il nostro cammino. Per il momento
il vento è rimasto a Jama e non c’è alcun fastidio nel sollevare la fronte per
guardare le nostre sagome perdersi nel crepuscolo e mescolarsi alla neve che
sta cadendo. Ma appena usciamo sulla Sella il vento ci sfregia il volto
lanciandoci negli occhi scintille argentate. Se più sotto mi sono soffermato a
fotografare la religiosa presenza raccolta nella bianca coperta, adesso il
passo si fa veloce per raggiungere il Riparo e non mancare di ricordare al
tempo che siamo passati anche di qua. Le impronte a terra ci dicono che oggi
non siamo stati gli unici, almeno fino alla Sella del Monte Carso. Raggiungerla
col fiato sospeso è vera poesia perché il fascio di luce che illumina il nostro
piccolo intorno affascina oltremodo; l’entusiasmo ci prende e ogni tanto ci lasciamo
andare a qualche grido a conferma che è tutto vero. Le impronte se ne vanno in
discesa verso il fondo del Crinale e il 46 siamo noi a deflorarlo, anche questo
è un piacere aggiunto. Se normalmente il sentiero è ostico per i suoi salti, le
sue radici, i suoi sassi e il ghiaione talvolta è preferibile per una veloce
discesa, adesso è uno spasso unico, la sensazione è quella di essere in alta
montagna e di scendere fuori pista in un ambiente puro e selvaggio. Gli alberi
da questa parte non si sono colorati di bianco, il vento non ha dato loro il
tempo di imbellettarsi ma il resto è una distesa omogenea che noi col nostro
ardire interrompiamo a piè sospinto. Bottazzo ci attende, stavolta con un
insolito silenzio perché il vento quaggiù disturba ed è provvidenziale il riparo
della Baracca per sigillare il nostro passaggio. Il libro resta aperto per un
ansimante passaggio successivo che mentre si riprende sfogliando gli autografi
del ieri e dell’oggi, ci concede il saluto per il nostro rientro. Ci beviamo la risalita in ciclabile spingendo
sui bastoncini e poi lungo i soliti solchi che fendono l’ispessirsi del manto nevoso accenniamo
qualche passo di corsa per andare incontro in maniera fanciulla alla gelida
carezza dell’insistenza nivale. Come sempre le luci in fondo, stavolta oltremodo
opache, fanno strada alla nostra uscita dalla Valle, un’uscita trionfale, per
una serata speciale e da ricordare. Mentre scendiamo da Moccò abbiamo il tempo
per ripensare alle emozioni che abbiamo provato in queste due ore veramente
regalate alla nostra esistenza e per suggellare il tutto non c’è niente di
meglio del far tintinnare i boccali di birra che alziamo, con un largo e
complice sorriso, davanti all’esterrefatto barista del Premuda, che sicuramente
non ha capito, forse confuso dal nostro fradicio aspetto, la realtà del nostro
essere felici, Prosit!
MERCOLEDI’ 16 GENNAIO 2013 - Luciano Comelli
Una vera gioia leggere queste righe...bravo Luciano!
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