100 x a Bottazzo

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Foto by Roberto Furlan

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Io e loro...un'altra scuola


All’inizio dell’anno sembrava quasi una bravata, una di quelle sparate fatte solo per farsi importante, per smuovere le acque con la consapevolezza che però nulla si sarebbe avverato. Un’idea, una sua materializzazione in un progetto scolastico; una rigida decisione ufficiale lo limita a puro volontariato, ma va bene anche così, una costanza che si tramuta in testardaggine perché alla fin fine l’idea si realizzi… Cuccioli, 12 -14 anni spudorati, un’enorme voglia di essere liberi e nello stesso momento un urgente bisogno della protezione calda degli adulti importanti… E noi insegnanti, se lo siamo per davvero, facciamo parte di quegli adulti importanti… In classe la proposta è accolta in massa attraverso gli occhi entusiasti, smorzata quando è mediata dai genitori. E infatti il numero di adesioni si ridimensiona, per fortuna: 46 sarebbero stati un po’ tanti. Due classi, due entità diverse, due cuori a se stanti, ma dove c’è più bisogno c’è più adesione…Qualcuno ha paura, si impunta sull’entusiasmo dei genitori, ma preso dolcemente per mano, scioglie i propri timori e alla fine è felice di dire di sì, altri sono voglia sprizzante ma l’ansia genitoriale uccide i loro entusiasti. Io posso poco a riguardo, ma almeno loro sanno che ho tentato e silenziosamente, mestamente son costretti a dir di no… una scuola, tanti modi di insegnare, uno va fuori da tutti gli schemi, uno dice MTB. E’ una scuola che pur essendo ancora volontariato puro, è un far scuola genuino, diretto, che vuole portare ai ragazzi anche la vita e toglierli dai play games… Sabato mattina, bora forte, temperatura strong, un fine febbraio che raggela l’animo… Sono tutti là, puntuali. Primo appuntamento, lezione teorico-pratica sulla meccanica, quindi tutti dentro, al caldo. Una ventina di anime assieme alla propria bici per la prima volta a scuola di sabato. I teloni sono presto stesi nell’ampio atrio delle elementari. Seduti sulle sedie presenti, aspettano silenziosi che il sipario si alzi. Nell’aria c’è una voglia nuova, qualcosa che in classe è difficile da ottenere, è interesse puro, curiosità, voglia di imparare. Il silenzio con cui assistono sia alle parole introduttive sia a quelle storiche è già una conquista, ma quando la cosa si fa pratica allora la marcia ingranata sale di potenza: gli occhi parlano per il cuore, il silenzio è religioso, guai perdersi una parola. Gli amici accompagnatori presenti rimangono di sasso: nessuno fiata, nessuno interrompe, tutti cercano di immagazzinare più dati possibili. Loro sanno che io sono là, ma tutti mi sentono come un’amica speciale che sa fare anche altro e non solo italiano, storia e geografia, una che attraverso una bici trasmette loro il suo affettuoso spintone verso il mondo. Essere autonomi vuole dire anche sapersi cambiare la camera d’aria in caso di foratura, vorrà dire saper guidare il proprio mezzo in modo corretto ma soprattutto rispettando l’ambiente e le persone che incontreranno per strada. Meravigliosa la piccola Mara, chiave da 14 in mano, dimostra una grinta che normalmente nasconde; mitico il silenzioso Niko che alla fine da solo fa entrare quel maledetto copertone dentro al cerchione; api operaie le donnine presenti che con una classe naturalmente diversa dai compagni maschi si aggiustano la ruota come se fosse il loro beutycase; un Diego irriconoscibile si dà da fare in senso collegiale…e via dicendo, nessuno escluso. La mattinata passa in un lampo. Quando tutti se ne sono andati, un po’ dispiaciuti per come sia volato il tempo senza dar la possibilità di andare a pedalare, mi rendo conto che anche questo è scuola… e che scuola!!! La pres.

(Grazie Alce, Andrea, Fabieto e Tullio, consoci del Gruppo Vulkan MTB - CaiSag Trieste, per aver aderito e creduto in questa iniziativa)

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